Società Pannunzio
16.03.2010 – LETTERA INVIATA DALLA SOCIETÀ PANNUNZIO AL DIRETTORE DI "LIBERO", MAURIZIO BELPIETRO.
All’attenzione del Direttore di “Libero”
Maurizio Belpietro
Roma 14 marzo 2010
Caro Direttore,
mi permetta di replicare alla risposta che Renato Farina ha dato alla mia lettera.
- Egli mi qualifica «agente provocatore», «delatore stalinista», censore, ecc., ma invece di querelarlo per diffamazione (non è mio costume, io mi difendo da me) preferisco approfittare delle sue ingiurie per affrontare una seria questione generale sui rapporti giornalismo-cittadini.
Nella lettera che mi ha fatto inviare dal suo avvocato, a parte il solito vittimismo sul fatto inesistente e già ampiamente smentito che si vorrebbe ch’egli non scrivesse più, si ammette che ci troviamo di fronte a «una sentenza passata in giudicato», e che quindi sulle responsabilità di Farina non c’è più da avere dubbi. Ma si continua: «Il diritto alla riservatezza, inteso come giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione il reiterato e inutile richiamo ad una notizia non più attuale, è stato, nella Sua lettera, platealmente violato». Che Farina ignori il Codice deontologico dei giornalisti è stato dimostrato già dal suo comportamento, fino alla radiazione, ma che il suo avvocato (avv. Massimo Rossi di Milano) faccia ricorso al diritto alla riservatezza per un uomo pubblico (perché il deputato Farina è tale) lascia sbigottiti. Il nostro codice deontologico (29 luglio 1998) si fonda tutto sulla distinzione tra privato cittadino e uomo pubblico («persona che riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica»). Il privato ha una forte tutela, il “pubblico” l’ha minore, anche su argomenti delicati come la salute e le sue abitudini sessuali, perché il giornalista deve «garantire il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico». Ne va della libertà di stampa e del diritto dei lettori a essere informati. Son questi concetti ovvi per chiunque abbia dimestichezza con la democrazia. La distinzione è chiara. Per esempio: è rilevante che il cittadino-elettore conosca il passato del candidato? Solo Farina può sostenere il contrario. Credo che nel nostro paese purtroppo l’oblio abbia preso fin troppo il sopravvento sulla memoria. Sono sicuro che “Libero” non è di parere diverso da quanto prescritto dal codice deontologico e che non intende sminuire il valore del diritto di cronaca.
Un’ulteriore conferma è venuta in questi ultimi giorni da una sentenza del Tribunale di Monza che ha dato torto proprio a Farina, difeso sempre dall’avv. Massimo Rossi. Farina – che aveva richiesto “appena” 120 mila euro di risarcimento – è rimasto «totalmente soccombente» – ed è stato condannato a pagare 11.300,62 euro di spese. Farina aveva denunciato per diffamazione il giornalista de "l’Espresso" Alessandro Gilioli, che in occasione delle ultime elezioni politiche aveva informato i lettori che ci trovavamo in presenza di un candidato che era uno «spione» o un «ex-spione che scriveva falsità sui giornali in cambio dei soldi del Sismi». Il giudice, che forse non aveva letto il libro di Farina, ma sicuramente la sentenza «passata in giudicato» che lo riguarda, prima di tutto ha sottolineato la «verità dei fatti esposti» e poi ha tenuto presente sia l’interesse pubblico alla loro conoscenza, sia «l’interesse del pubblico ad essere informati». Infine, come noi sopra, ha ricordato che la sfera di libertà di informazione e di critica «risulta accresciuta con riferimento ai soggetti politici». Una sentenza non innovativa, ma da ricordare. Altro che oblio. - Scrive Farina: «Ribatto solo su un piccolo punto, perché lì non c'entro io, ma chi mi ha eletto a deputato, che sei poi tu, amico lettore ed elettore. Il Popolo della Libertà non premia con il seggio i delinquenti». Se – come dicono i dizionari – “delinquente” è chi ha commesso un reato, è proprio il Farina premiato con un seggio a confutare la sua stessa tesi. Che oltre a essere spia, è anche assai imprudente e fa danni alla sua parte riportando l’attenzione su un gruppo parlamentare che oggi come nel passato vede membri non irreprensibili. Alcuni dei quali condannati anche in via definitiva. E non per reati di poco conto. Non facciamo l’elenco per evidenti ragioni di economia delle pagine del Suo giornale.
L’On. Farina si aggrappa a chi lo ha eletto, dimostrando anche di non conoscere il deprecabile sistema elettorale italiano (la “porcata” di Calderoli e di Berlusconi), che esclude il voto di preferenza, facendo dei parlamentari non degli eletti, ma dei “nominati” dall’alto. Ringrazi, dunque, il cielo e non faccia del populismo. - Restano alcune annotazioni marginali: la richiesta di parere all’Ordine – non è come scrive Farina – «una domanda retorica, gonfia di falsità e opinioni basate su dati di fatto raccattati nella discarica di Internet», è e rimane una richiesta di parere, e basta. Le “falsità” non le ho raccattate da Internet, ma da tutti i giornali (particolarmente utili quelle raccolte su “il Giornale” – all'epoca diretto proprio da Lei, caro Belpietro – vedi il documentato articolo di Facci) e dagli atti giudiziari.
Sulla questione della “firma”, la nostra idea è che l’attribuzione non sia un “ghirigoro bizantino”, ma un segno di rispetto per il lettore che ha il diritto di conoscere l’aspetto qualificante dell’autore. Che si chiami Renato Farina o Furio Colombo.
Ricordo, infine, che per nostra scelta nessuno dei soci permanenti e dei dirigenti della Società Pannunzio è parlamentare. Tra gli iscritti e gli aderenti accogliamo tutti.
Cordiali saluti
Enzo Marzo,
Portavoce della Società Pannunzio per la libertà di informazione
CONTRARIAMENTE A QUANTO AVVENUTO IN PRECEDENZA, IN QUESTA OCCASIONE IL DIRETTORE DI "LIBERO", MAURIZIO BELPIETRO, NON HA PUBBLICATO LA NOSTRA LETTERA.
Documenti correlati:
- Su Libero botta e risposta tra Enzo Marzo e Renato Farina (del 5 marzo 2010)
- La lettera inviata a Enzo Marzo dallo Studio Legale Caprarulo avvocati associati, per conto di Renato Farina (22 febbraio 2010)
- La sentenza del Tribunale di Monza (del 10 febbraio 2010)
- «Renato Farina è uno spione», di Alessandro Gilioli (dal blog "Piovono Rane" del 12 marzo 2010)
- «La doppia vita dell’«agente Betulla» il giornalista che si credeva 007», di Filippo Facci (da "Il Giornale" del 18 novembre 2006, pag. 8)
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