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Su Libero botta e risposta tra Enzo Marzo e Renato Farina

Redazione

04.03.2010 – Libero del 5 marzo 2010, prima paginaLa lettera

Farina fa il furbo sulla libertà di stampa

Enzo Marzo*

Gentile Direttore, mi è stato segnalato solo ora un articolo di Renato Farina, pubblicato su Libero del 24 febbraio, in cui, come in un rosario, sono inanellate alcune notizie false che concernono me e la Società Pannunzio per la libertà d'informazione, che qui smentisco.

Scrive Farina: «Dinanzi agli esposti dell'Associazione Pannunzio, fatti propri dall'Ordine lombardo, abbiamo deciso ecc.» Falso. La Società Pannunzio non ha presentato alcun esposto all'Ordine sulla questione Feltri-Farina, ha solo chiesto un "parere"; la decisione di aprire un'istruttoria è stata presa autonomamente dall'Ordine. Nessuno ha messo in questione la sua libertà di scrivere. Quindi è inutile che Farina si pianga addosso rimproverandoci di ledere il suo diritto di esprimere per iscritto le sue opinioni. Anzi noi abbiamo precisato fin dall'inizio che la radiazione certamente non impedisce il diritto di pubblicare come e dove si vuole le proprie idee, secondo l'esistente normativa impedisce soltanto di svolgere quella professione giornalistica la cui deontologia egli ha così gravemente violato. Infatti su sollecitazione della Procura generale Farina è stato radiato perché da vicedirettore di Libero, col nome in codice "Betulla", era stato reclutato dal Sismi in violazione della legge istitutiva dei servizi segreti. Egli stesso ha poi ammesso di aver ricevuto dal Sismi 30mila euro e alla fine, schiacciato dalle prove, si è riconosciuto responsabile del reato di favoreggiamento e ha patteggiato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare Caterina Interlandi sei mesi di reclusione convertiti in 6.840 euro di semplice sanzione amministrativa. Fin qui i fatti da non dimenticare.

Spetterà all'Ordine decidere se in questi mesi Farina sta esprimendo le sue idee o se sta svolgendo regolare attività giornalistica retribuita. Quindi Farina non faccia il martire perché non lo è. È solo un giornalista che ha violato gravemente la deontologia e ha commesso dei reati. E dato che oggi commettere dei reati paga, è stato premiato con un seggio parlamentare. Oggi si paragona a Galilei, se fossi in lui lascerei stare. Che continui a scrivere, ci diverte leggerlo, come quando recrimina sui danni economici che gli ha procurato la radiazione. Ci poteva pensare prima, comunque potrà compensarli con i proventi che gli vennero dalla sua attività di confidente del Sismi.

Un'ultima annotazione che purtroppo priva Farina della sua «piccola soddisfazione». Avevo fatto notare un "conflitto di interessi" tra il Farina politico e il Farina giornalista, intervenendo il primo sulle questioni trattate dal secondo. Avevo citato una sua interrogazione parlamentare. In effetti era un'imprecisione, non fu un'interrogazione ma una nota politica ufficiale (sullo stesso caso Boffo di cui era stato commentatore) del 28 agosto '09 rilasciata dall'on. Farina assieme con l'onorevole Riccardo Mazzoni in qualità di "membri della direzione generale del Popolo della Libertà". Il conflitto di interessi, dunque, rimane intatto. E la mia è lieve colpa formale che fa il paio con quella di Farina che continua a chiamarci "Associazione Pannunzio", mentre siamo "Società Pannunzio".

Per finire, gentile Direttore, troverei più corretto che sul suo giornale contributi di uomini politici e parlamentari riportassero in nota la qualifica e lo schieramento di appartenenza, come segno di rispetto dei diritti dei lettori.

*Società Pannunzio

 

 

La risposta

E tu racconti un sacco di balle pur di mettermi in croce

Renato Farina

Anche troppo gentile Diretto­re! Mi complimento per l'umanità di Enzo Marzo, anzi di tale Enzo Marzo tanto per imitare il suo linguaggio da perfetto giornalista da verbali giudiziari (non lo scrive qui ma nel suo esposto mi chiama «tale Renato Farina»). Lo ringrazio vivamente per il permesso che mi dà di scrivere. Sono commosso. Dunque credo che tu, caro Maurizio, in questo caso sia salvo, il custode della libera informazione gli dà il placet, complimenti.

Certo che questo tale è un bel tipo. Rie­sce a farsi aprire la porta, bussando con cortesia («Gentile Direttore»), Belpietro con educazione gli apre, e quello tira secchiate di quella materia a lui cara, un clas­sico del repertorio degli amici delle Procure e di tutto ciò che ha il sapore di manetta, sentenza, radiazione, Ordine e Contrordi­ne compagni. Insomma Marzo mi insulta in quella che è stata casa mia, dove sento ancora l'odore delle cose care. Inonda la mia gente coi liquami della sua propagan­da sicuro di aver dalla sua tutte le canno­niere del conformismo di sinistra. Cerca di accreditare come verità rivelata presso i miei famigliari (tali ritengo i lettori di Libe­ro) il ritratto di un criminale che sarei io.

Ho molti difetti, sono tra l'altro una grossa spia, oltre che una tremolante be­tulla, ma so riconoscere al volo gli agenti provocatori. È chiaro lo scopo: egli mi vuo­le furente, incazzoso, così da fornire muni­zioni alle accuse a me (e di rimbalzo, ma vorrei dire soprattutto, a Feltri e magari a te e a Mario Giordano). Su quanto da lui scrit­to all'Ordine e sul suo sito ha già del resto provveduto l'avvocato. Sottolineo che nel­la lettera a cui dice di replicare vuole solo ferirmi, mettermi il cartello al collo come gli impiccati in Iran. E dire che in quanto tu Belpietro hai voluto pubblicare nulla c'era delle mie vicende pre-radiazione, nean­che in chiave difensiva. Ho esposto la mia versione dei fatti, che sono portato a ritenere piuttosto vera, proposta dal sotto­scritto nel libro "Alias agente Betulla", edi­zione Piemme: rimando a quelle pagine. E presto ci saranno novità... Ribatto solo su un piccolo punto, perché lì non c'entro io, ma chi mi ha eletto a deputato, che sei poi tu, amico lettore ed elettore. Il Popolo della Libertà non premia con il seggio i delin­quenti.

Magari io lo sono davvero, ma quelli che votano PdL in Lombardia mi conoscono da una vita, certo mi sopravvalu­tano, ma qui sono amato e stimato, è un fatto. In quella frase di disprezzo per chi non vota come lui c'è tutta la spocchia gradassa di questi purificatori del prossimo. (-;li dà fastidio il popolo. Pensano che è stupido. Mica tanto.

()ra replico in modo minimalista a quanto Marzo dice essere falso, con una premessa: è farina (sia pure 007) del mio sacco, so essere un pirla anche da solo.

1) Dice Marzo: non è un esposto, ma una richiesta di parere. Falso due volte. Trascri­vo l'esordio di quanto lui scritto all'Ordine dei giornalisti della Lombardia: «15 dicem­bre 2010. In riferimento alla Sua richiesta di una informativa sull'esposto da me pre­sentato in quanto portavoce della Società Pannunzio per la libertà d'informazione, mi concentro soprattutto sul caso Feltri-Boffo». Il tutto è definito "esposto". Se il tutto si chiama esposto, una frazione di es­so sarà parte di un esposto. L'italiano di Marzo in questo caso è persino involonta­riamente chiaro. Poi- è vero - sul caso a me riferito pone formalmente un quesito. Ma è un quesito che è peggio di una delazione stalinista. Infatti la richiesta di parere è una domanda retorica, gonfia di falsità e opi­nioni basate su dati di fatto raccattati nella discarica di Internet. La "Società" sostiene ad esempio che avrei agito per conto del direttore Feltri da inviato e cronista di convegni. Ma quando mai.

2) Io sono stato inviato dal Parlamento e non ho mai nascosto nei miei scritti questa qualifica. Leggo che ieri, Maurizio, hai fir­mato "Giorgio Stracquadanio, deputato pdl": non è per il diktat di Marzo, ma per la valutazione libera del direttore, ed anche perché spesso i deputati scrittori si firma­no così per il comodo di un po' di propa­ganda. Io a casa mia, tra i miei, non ho bi­sogno di mettere il sottopancia con il mio status. La Costituzione prevede che si ha diritto a esprimersi. Per avere questo dirit­to basta essere uomini, e gli uomini hanno un nome. Il resto è orpello, ghirigoro bi­zantino, cineseria da mandarini. Non c'è bisogno di esibire il pedigree, il curriculum, l'appartenenza ad associazioni o fedi religiose o politiche. Tanto più su media dal chiaro orientamento. Furio Colombo si comporta allo stesso modo sul Fatto quo­tidiano: non c'è scritto deputato pd. Del re­sto, tra gli aderenti di cui la Società Pannunzio si fa vanto c'è l'ottimo collega par­lamentare Giuseppe Giulietti.

Nel volanti­no stampabile dal sito per la réclame non c'è scritto deputato dell'Idv (lo era quando nacque la Società) o del Pd (com'è adesso). Né è specificato che numerosi fondatori sono freschi ex parlamentari di sinistra. Forse perché farebbe capire l'orientamento della Società? I soliti due pesi e due mi­sure. Agli altri si mette sulle spalle un mas­so, a se stessi una piuma.

O sbaglio? A que­sto proposito Belpietro ha già posto la que­stione di Adriano Sofri. E mi dà dolore chiamarlo a correo, ha già abbastanza guai. Non è iscritto all'Ordine, né potrebbe esservi ora accolto causa la condanna, ep­pure da anni ha una rubrica su quotidiani e prima ancora su settimanali nazionali: ciò che è il massimo del giornalismo, suppon­go retribuito. Esposti-pareri o come diavo­lo volete chiamarli all'Ordine niente, eh?

3) Marzo ammette: Farina non ha fatto alcuna interrogazione parlamentare sul caso Boffo. Questo mostra lo scrupolo con cui questo gruppo di censori altrui mette in pratica su di sé quanto richiede al pros­simo con il ciglio alzato. Si scusa? Bene. Ma è peggio ancora la pezza del buco. Soste­nere infatti che una nota inviata per fax sia come un'interrogazione è una prova di incompetenza o di malafede, un atto parla­mentare è insindacabile, ha una natura completamente diversa, costituzionalmente tutelata, rispetto ad una dichiara­zione estemporanea passata alle agenzie. Tanto più che nessuno di noi due deputati ha firmato in quanto membro della dire­zione del PdL, dato che noi non ne faccia­mo parte. Figuriamoci. Saremo pure berlusconiani ma non equivale ad essere mitomani. Verifiche anche in questo caso, niente eh?

4) Mi scuso se ho scritto associazione e non società. Mi sprofondo in rettifiche.

5) Spero che l'Ordine avrà così più ele­menti per valutare con serenità, e ho fidu­cia- pur nel dissenso su passate decisioni -nella serietà del lavoro.

6) Soprattutto chiedo perdono a te, Maurizio, e ai lettori per la lunghezza, se sono arrivati fino in fondo è un miracolo. L'astinenza porta a strafare. Ma credo che l'Ordine avrà così più elementi per valuta­re con serenità la pratica, e ho fiducia - pur nel dissenso su passate decisioni - nella se­rietà del suo lavoro. Sperèm.

 

[da "Libero" del 5 marzo 2010, pag. 1-16]

 

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