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SALLUSTI SOSPESO PER DUE MESI PER IL "CASO FARINA", SODDISFAZIONE DELLA SOCIETÀ PANNUNZIO

Società Pannunzio

13.06.2011 – L'allora direttore di "Libero" aveva fatto scrivere regolarmente Renato Farina nonostante quest'ultimo fosse stato radiato dall'Ordine dei giornalisti.

Il Consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia accoglie l'esposto della Società Pannunzio e commina ad Alessandro Sallusti la stessa sanzione già inflitta a Vittorio Feltri.

Alessandro Sallusti (foto Panorama.it) Il giorno 9 giugno il Consiglio dell'Odg Lombardia ha sospeso per due mesi, con delibera presa a maggioranza, il giornalista Alessandro Sallusti per il "caso Farina".

Il procedimento nasce da un esposto presentato dalla Società Pannunzio per la libertà d'informazione nell'aprile del 2010, in seguito alle legittime recriminazioni sollevate da Vittorio Feltri, il quale, appreso della sospensione inflittagli dallo stesso Consiglio dell'Odg per aver «sostanzialmente vanificato e delegittimato apertamente la funzione disciplinare dell’Ordine, violando così gli artt. 2 e 48 della Legge n. 69 del 1963», lamentava dalle colonne del settimanale "Panorama" dell'8 aprile 2010 (pag. 74-75) che il collega Sallusti - pur avendo commesso la medesima violazione nell'aver consentito a Renato Farina (ex giornalista radiato dall’Ordine) di scrivere con regolarità sul quotidiano "Libero", eludendo in tal modo gli effetti del procedimento inflittogli - non fosse stato in alcun modo sanzionato.

La Società Pannunzio, dunque, riconoscendo su questo specifico punto la fondatezza delle argomentazioni espresse da Vittorio Feltri, decise di rivolgersi nuovamente al Consiglio dell'Ordine della Lombardia per richiedere che tale disparità di trattamento fosse sanata.

Ora la notizia della sentenza pone rimedio a quella che, comprensibilmente, Feltri ravvisava come una grave ingiustizia nei suoi confronti e ristabilisce finalmente un principio al quale, com'è giusto, ciascuno è chiamato ad attenersi: le regole sono uguali per tutti e tutti sono tenuti a rispettarle.

La Società Pannunzio, in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, si dichiara soddisfatta per aver rafforzato un'importante conquista: ancora una volta un’associazione di cittadini-lettori ha preteso e ottenuto il rispetto del diritto a un'informazione corretta. Con buona pace di tutti quei giornalisti, di destra e di sinistra, che si dicono contrari all’Ordine soltanto quando l'Ordine si ricorda di fare il proprio dovere e inizia, seppur timidamente, a funzionare.

 

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Stampa o salva l'articolo in PDF Argomenti correlati: Società Pannunzio, Sallusti, denunce, Ordine dei giornalisti, Farina, Feltri, Libero, Panorama, diritti dei lettori - 2 commenti


Commento inserito da Lancio Ansa delle 14:22 il 14.06.2011:
GIORNALISTI: SOCIETA' PANNUNZIO, ESPOSTO DA RECLAMO FELTRI (V. 'GIORNALISTI: SOSPESO PER 2 MESI SALLUSTI...' DELLE 13.09) (ANSA) - MILANO, 14 GIU - E' scaturita da un esposto della 'Societa' Pannunzio per la liberta' di informazione la sospensione per due mesi adottata dal Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia nei confronti del direttore del Giornale Alessandro Sallusti per il 'caso Farina'. L'esposto - comunica la stessa Societa' Pannunzio - e' stato presentato nell'aprile del 2010 ''in seguito alle legittime recriminazioni sollevate da Vittorio Feltri, il quale, appreso della sospensione inflittagli dallo stesso Consiglio dell'Odg per aver 'sostanzialmente vanificato e delegittimato apertamente la funzione disciplinare dell'Ordine, violando cosi' gli artt. 2 e 48 della Legge n. 69 del 1963', lamentava dalle colonne del settimanale 'Panorama' dell'8 aprile 2010 (pag. 74-75) che il collega Sallusti - pur avendo commesso la medesima violazione nell'aver consentito a Renato Farina (ex giornalista radiato dallOrdine) di scrivere con regolarita' sul quotidiano 'Libero', eludendo in tal modo gli effetti del procedimento inflittogli - non fosse stato in alcun modo sanzionato'''. ''La Societa' Pannunzio, dunque, riconoscendo su questo specifico punto la fondatezza delle argomentazioni espresse da Vittorio Feltri - continua la nota - decise di rivolgersi nuovamente al Consiglio dell'Ordine della Lombardia per richiedere che tale disparita' di trattamento fosse sanata. Ora la notizia della sentenza pone rimedio a quella che, comprensibilmente, Feltri ravvisava come una grave ingiustizia nei suoi confronti e ristabilisce finalmente un principio al quale, com'e' giusto, ciascuno e' chiamato ad attenersi: le regole sono uguali per tutti e tutti sono tenuti a rispettarle''. ''La Societa' Pannunzio, in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza - conclude la nota - si dichiara soddisfatta per aver rafforzato un'importante conquista: ancora una volta un'associazione di cittadini-lettori ha preteso e ottenuto il rispetto del diritto a un'informazione corretta. Con buona pace di tutti quei giornalisti, di destra e di sinistra, che si dicono contrari allOrdine soltanto quando l'Ordine si ricorda di fare il proprio dovere e inizia, seppur timidamente, a funzionare''. (ANSA).
Commento inserito da Pino Nicotri il 14.06.2011:
Le sentenze vanno rispettate e se le si vuole contestare è meglio farlo nelle sedi deputate, cioè con i ricorsi. Vedo che Alessandro Sallusti, direttore o ex direttore de Il Giornale, parla invece di persecuzione per la condanna inflittagli dall'Ordine dei giornalisti di due mesi di sospensione dalla professione per avere continuato a far scrivere su Il Giornale l'attuale sentaore Renato Farina, a suo tempo radiato dalla professione per avere violato la legge che vieta a un giornalista di lavorare per i servizi segreti, come invece ha fatto lui con il Sismi, cioè con i servizi segreti militari italiani. Che si collabori con i servizi per un fine nobile, come ha sempre sostenuto Farina, poco importa: il divieto vale in ogni caso, no ndistingue tra casi nobili e non. Sallusti straparla di persecuzione perché una identica condanna per l'identico motivo l'ha subita prima di lui Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale prima di Sallusti e ora tornato a fare il direttore. Pochi giorni fa sono stato condannato, assieme a l'editoriale L'Espresso, a pagare a Farina 15.000 euro, sui 100.000 che pretendeva, come risarcimento per espressioni che qualcuno, rifilandogli una patacca, ha asserito via e-mail come scritte in una puntata del blog che avevo sul sito de L'Espresso fino al 3 settembre 2008. Tralascio il testo della sentenza, emessa dal giudice Serena Baccolini che non so quanto correttamente non ha mai ritenuto di dovermi interrogare. Basti sapere, per ora, che le deduzioni messe assieme dal giudice per arrivare alla codanna mia e de L'Espresso si basano sull'avverbio "infatti". Ripeto: tralascio, per ora, di entrare nel vivo della questione, che in appello farà arrossire più d'uno, e mi limito a dire che leggendo il testo che si pretende sia quello della puntata "incriminata" dl blog anche chi non conosce bene la lingua italiana si rende conto che Farina non c'entra niente. Ciò che invece voglio dire è che la mia condanna non mi impedisce di sostenere che Farina, in quanto cittadino italiano, ha il diritto di pubblicare le proprie opinioni su un giornale, quale che esso sia. La sospensione per due mesi di Feltri prima e di Sallusti dopo, pur essendo magari personaggi che non ho in grande stima, mi pare fuori luogo: hanno permesso a Farina di esercitare un suo diritto di espressione delle proprie idee, diritto sacrosanto che resterbbe tale anche se farina avesse ammazzato qualcuno, cosa che peraltro non ha fatto. Voltaire era pronto a dare la vita per sostenere il diritto anche dei suoi nemici alla libertà di espressione. Io appartengo più alla scuola dei Voltaire che a quella che ispira i vari Farina, feltri, Sallusti e quant'altri. Ciò detto, ci sarebbe da appurare se Farina era pagato o no per la pubblicazione dei suoi commenti su Il Giornale. Essere liberi di pubblicare le proprie idee è un conto, essere liberi di ingannare l'Ordine della propria professione o calpestarne le decisioni è un'altra cosa. Se Feltri e Sallusti hanno retribuito Farina, esattamente come si fa con qualunque giornalista collaboratore, allora hanno calpestato una decisione dell'Ordine. Liberi di farlo, s'intende, ma poi c'è da pagare il prezzo delle proprie scelte di libertà quando ledono sentenze che in Italia hanno valore non solo formale, teorico o ipotetico. Peraltro ho comunque un dubbio: i giornali pagani anche le opinioni o i commenti di specialisti che non sono giornalisti. Si paga la rubrica dell'esperto di vini, dell'esperto di finanza, del cuoco (credo si dica ristoratore…) o dello stilista di moda, che finché non decidono di iscriversi all'albo dei pubblicisti NON sono giornalisti. Perché quindi non pagare un Farina non più giornalista, ma magari più o meno esperto di qualcosa su cui dire la sua? Se devo essere sincero, preferirei che l'Ordine sospendesse e magari radiasse i troppi colleghi che pubblicano foto di minori in barba alla Carta di Treviso, cosa che invece l'Ordine di Milano ha dichiarato, a fronte di una mia segnalazione, perfettamente legittima quando si tratta di bambini "negri" o comunque dei Paesi disgraziati. O che sospendesse e magari radiasse i troppi colleghi che scambiano i propri blog per fogne nelle quali mettere in bella mostra insulti, diffamazioni e calunnie varie contro il Tale o il Talaltro, magari pure collega. L'Ordine mi Milano a suo tempo fu occhiuto accusatore a vanvera di Daniela Hamaui, all'epoca direttore de L'Espresso, per una foto di minorenne vestita forse un po' troppo alla moda da adulta, però poi "licenzia" la Carta di Treviso e non vede blog usati per linciaggi che durano mesi e anni. Ma tralasciamo le mie preferenze. Quello che trovo incredibile è che nessuno muova un dito per far notare che: - Il Giornale di fatto è a tutti gli effetti come fosse di Silvio Berlusconti anziché di suo fratello Paolo. E' infatti sotto gli occhi di tutti che i direttori cambiano a seconda dei desiderata di Silvio, pubblicamente declamati; - hanno poco da fare ramanzine e lezioni di comportamento agli altri direttori come quelli de Il Giornale: Paolo Berlusconi infatti risulta avere commesso cose più gravi di un Dino Boffo o di un Pisapia.

 
 
 
 



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