Guido Scorza
27.06.2011 – L’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha scelto di lasciarsi tirare dalla giacchetta dei titolari dei diritti e di quanti hanno, oggi più che mai, paura di una Rete libera e strumento di circolazione di idee, informazioni e creatività.
E’ questa la sintesi di quanto dichiarato dal Presidente Calabrò della propria relazione annuale e confermato ad una rappresentanza della società civile che ha voluto incontrarlo.
Il prossimo sei luglio, il consiglio dell’Autorità approverà una delibera contenente il nuovo regolamento relativo all’enforcement dei diritti d’autore online e si tratterà di una disciplina sostanzialmente conforme a quella che, ormai da mesi, l’AGCOM ha annunciato l’intenzione di varare, sebbene all’esito di un giro di audizioni tra gli addetti ai lavori.
Decine e decine di audizioni – lo ha detto lo stesso Presidente Calabrò nel corso della sua relazione annuale – che, tuttavia, sembrano essere state completamente inutili se è vero che, l’Autorità, nel suo provvedimento non terrà in alcun conto le moltissime critiche ricevute e seguirà, invece, le indicazioni dei soliti, pochi, noti rappresentanti dei titolari dei diritti.
Siamo alla vigilia del varo di un Regolamento illegittimo – tanto sotto il profilo della disciplina nazionale che sotto quello dell’Ordinamento UE – palesemente inattuabile e suscettibile di ledere in modo irreparabile il diritto all’informazione di milioni di cittadini.
Tante le conseguenze della scelta dell’Autorità.
La prima.
Tanto per cominciare, Calabrò ed i suoi uffici hanno, definitivamente, dimostrato al Paese di essere tutto fuorché un’Autorità indipendente perché tale non può definirsi un’Autorità che ascolta, in audizione, decine di posizioni puntuali, documentate e ben strutturate e poi segue la strada indicatale dai soliti poteri – economici e politici – di sempre.
La seconda.
L’Italia sta per conseguire un nuovo record negativo: quello di essere il primo e, sin qui, l’unico Paese al mondo nel quale un’Autorità Amministrativa può ordinare, all’esito di un procedimento sommario [n.d.r. dovrà concludersi in cinque giorni] ed in assenza di contraddittorio la rimozione di un video dallo spazio pubblico telematico.
La terza.
I cittadini italiani si ritroveranno a farsi carico di costi straordinariamente elevati per la gestione di un procedimento di enforcement che non produrrà alcun risultato pratico e che se anche lo producesse, lo produrrebbe, solo, per le tasche di un nugolo di società che, peraltro, nella più parte dei casi fanno capo a soggetti stranieri.
Il Paese, dunque, sarà certamente più povero, a tutto beneficio dei soliti ricchi di sempre.
La quarta.
L’Autorità sta deliberatamente consegnando la libertà di informazione del Paese nelle mani di quegli stessi galantuomini che, sin qui, l’hanno a tal punto limitata e compressa da porre il nostro Paese, sistematicamente, in fondo alle classifiche mondiali.
E’, infatti, evidente, che la nuova disciplina rappresenterà l’alibi utilizzato dai soliti editori musicali, televisivi e della carta stampata per chiedere la rimozione di ogni contenuto che non risulti allineato al pensiero unico di Governo o che, più semplicemente, appaia suscettibile di far loro concorrenza.
Basterà che venga utilizzato qualche minuto di musica di sottofondo per un video di critica a questo o quel governo che l’Agcom, in cinque giorni, accogliendo l’istanza dei soliti noti, potrà disporne l’immediata rimozione, mettendo così a tacere una voce libera.
La quinta.
Stiamo per trasformarci da penisola a isola.
L’Autorità Garante sembra intenzionata ad auto-attribuirsi il potere di rendere, persino, inaccessibili contenuti pubblicati da soggetti stranieri in conformità a leggi diverse da quella italiana.
Agli utenti italiani, in alcuni casi, verrà preclusa la possibilità di accedere ad un contenuto pubblicato da un cittadino tunisino su un server egiziano.
In questo modo è ovvio che ci ritroveremo, ben presto, isolati dal resto del mondo.
E’ una prospettiva raccapricciante nell’era dell’accesso e nella società dell’informazione.
Siamo davanti ad un autentico esperimento di ingegneria giuridica che rappresenta, probabilmente, una delle più preoccupanti minacce per la libertà di informazione in Rete.
Il Presidente Corrado Calabrò, i Commissari dell’Autorità che apporranno le loro firme in calce alla delibera e, naturalmente, i lobbisti prezzolati dalle major dell’audiovisivo stanno per mettersi sulle spalle la responsabilità di scrivere una delle pagine più buie della storia della Rete nel nostro Paese e per influenzare in modo determinate e negativo il nostro futuro.
Internet non consentirà di cancellare facilmente il ricordo di quanti avranno preso parte a questa censura d’autore.
[pubblicato su Wired.it il 27 giugno 2011]
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